Per celebrare la legacy di Pitti Uomo, lanciamo una serie di quattro video che puntano i riflettori su una selezione di quattro designer che sono stati fondamentali per la storia di Pitti. Il primo presenta Raf Simons, uno dei più grandi innovatori della moda contemporanea. "Ci piace pensare che Raf Simons consideri Firenze il contesto e l'opportunità ideali per fare il punto sui suoi progetti professionali e personali, e per trovare energia e ispirazione per le sue attività future", dice Lapo Cianchi, direttore comunicazione ed eventi di Pitti Immagine. “Credo che Raf Simons, come nessun altro nella moda, sia in grado di cogliere lo spirito inquieto della giovinezza, le sue luci e i suoi suoni, nonché la nostalgia della gioventù, che è un'accettazione vitale e positiva della maturità. Ed è per questo che riesce così bene a presentare il mito della giovinezza in nuove forme e modi.”
Il lavoro di Raf Simons, che si avvia a metà degli anni novanta, presenta un'estetica che è immersa nello streetwear, nella musica e nella rappresentazione visiva della teenage subculture, espressa attraverso una sensibilità grafica severa unita a una sartorialità romantica. Nel corso della sua carriera, è stato tre volte protagonista di mostre a Pitti Uomo – The Fourth Sex (2003), Icarus Surgit (2005), Florence Calling (2016) – costruendo ogni volta una narrazione più ampia e continua dalla stretta relazione tra Raf Simons e Pitti Uomo.
La mostra inaugurale si componeva di un group show e un catalogo, intitolato The Fourth Sex, con cui presentare al pubblico la visione e il mondo di Raf Simons. “L'adolescenza, la youth culture, le sottoculture,” dice Simons, “per me sono importanti adesso come prima, quando lavoro alle mie collezioni. Sono sempre stati tema centrali o un punto di riferimento per me.” A cura di Francesco Bonami e Raf Simons, la mostra alla Stazione Leopolda riuniva opere di artisti diversi come Larry Clark, Richard Prince, Takashi Murakami, Tracy Emin e Ari Versluis, che esplorano le complessità della nostalgia, della vergogna e della violenza che fanno parte della youth culture del dopoguerra (in particolare quella degli Stati Uniti e del Regno Unito). Per Simons, la gioventù non è tanto un'età o una generazione quanto uno stato d'animo, caratterizzato da una dedizione totale verso le manifestazioni più estreme dell'amore, dell’audacia, della rivoluzione. “Forse solo la moda è in grado di infiltrarsi nel mistero dell’adolescenza,” scrive Bonami nel catalogo della mostra, “perché l'uso della trasgressione per generare stile, prodotti e consumo fa parte della sua natura.” Questo “youth mode” è tanto romantico quanto inquietante, poiché i riferimenti della mostra includono anche la scuola superiore di Columbine e gli skinhead del Regno Unito, insieme al goffo ottimismo tipico degli amanti adolescenti. Piuttosto che avallare o condannare uno qualsiasi degli youth movements storici in mostra, l’evento ha cercato di catturare l'essenza della giovinezza: quella sensazione fluttuante di quando in ogni momento tutto sembra essere sull’orlo del collasso o della salvezza.
Simons torna di nuovo a Firenze nel 2005, per celebrare il decimo anniversario della linea che porta il suo nome. Invece di una retrospettiva che esamina le venti collezioni maschili della carriera del designer, la mostra ha visto la pubblicazione della prima monografia su Raf Simons, con immagini iconiche dei suoi show, insieme a contributi di artisti, scrittori e amici che rappresentano e ispirano il mondo di Raf Simons. Oltre alla pubblicazione, anche la mostra in due parti nello storico Giardino di Boboli a Firenze. La prima era l'installazione video Raf Simons Repeat, di Peter De Potter e Raf Simons, che presentava agli spettatori il vocabolario visivo e musicale del designer. Ad accompagnare l’installazione, un fashion show che ha visto sfilare top a rete oversize e abiti di lino su misura, dipinti di grigio piombo, tortora e avorio. “Immergermi nel mio archivio per la nostra mostra a Pitti nel 2016, ha rinnovato il mio interesse per la storia del marchio,” dice Simons. “In un certo senso questo è culminato in un nuovo progetto, che abbiamo appena lanciato: riproporremo 100 dei nostri pezzi d'archivio per celebrare il 25esimo anniversario del marchio Raf Simons.”
Nel 2016, Raf Simons torna per la terza volta con Florence Calling, una sfilata che ha visto la collaborazione del designer con l'archivio Robert Mapplethorpe. La connection era giusta: la vita e il lavoro di Mapplethorpe incarnavano la sottocultura del dopoguerra da cui Simons attinge spesso per il suo lavoro, e la sua fotografia trovava le basi in un formalismo classico tratto dalla fotografia di moda da studio. Per la collezione, Simons sceglie ritratti e nature morte dell'archivio di Mapplethorpe da stampare su camicie e top oversize da abbinare a maglieria, salopette e dickies. Le fotografie riuscivano contemporaneamente a catturare un'epoca, presentando allo stesso tempo una visione sorprendente e onesta.
Sul suo rapporto con Pitti Uomo, Simons ha detto: “Firenze occupa un posto speciale nel mio cuore, perché, nel corso degli anni, sono tornato qui regolarmente per mostrare il mio lavoro o collaborare a progetti che rispecchiano da vicino la mia visione.” E accendendo i riflettori su questa esperienza, speriamo non solo di concentrarci su un'eredità duratura, ma di mostrare lo sviluppo di una visione totale che guarda avanti, a molti anni a venire. “La nostra storia informa sempre il nostro presente e quindi il nostro futuro,” dice Simons. “Le nostre esperienze passate guidano il modo in cui reagiamo alle sfide del momento. Oppure, tutto ciò che ho fatto o creato in passato influisce direttamente o indirettamente su quello che faccio.”